Bergamo, marzo 2020. Lamentatio • Luciano Passoni

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Sopravvivono ancora nei giochi dei bambini il nascondersi e il farsi trovare, in un’altalena del rendersi invisibili e dell’essere visti.
In un film della mia giovinezza, San Michele aveva un gallo, dei fratelli Taviani, il protagonista ripensa a un episodio della sua infanzia in cui, per gioco o per paura (non ricordo), si era nascosto in un armadio e per esorcizzare il buio aveva continuato a recitare:

San Michele aveva un gallo,
bianco, rosso, verde e giallo
e per farlo ben cantare,
lui gli dava da mangiare
latte e miele.

Questa filastrocca, recitata come un mantra, è un antidoto alla reclusione, (e quanta importanza avrà questa nella vita futura del protagonista) al buio, al suo non esserci più.
Sì, perché nel bambino nascondersi al mondo è un po’ nascondere il mondo e, in questo gioco del nascondere, il suo sparire e il suo non essere più. Chi non ha mai visto un bambino esclamare, chiudendo gli occhi e coprendoli con le manine: “X non c’è più!”?

Queste cose me le ha ricordate il disegno di Nicola Marenzi, uno dei tanti che ha realizzato durante la “reclusione” della pandemia.
A me piace intitolarlo Marianne, (spero che Nicola non se ne doglia).
Questa figurina è per me la nostra “Marianne”, la Marianne di Bergamo nei giorni dell’epidemia.
Del quadro di Delacroix ha solo il nome. Non ha barricate da scavalcare, non ha compagni che la accompagnino, non ha bandiere da sventolare. La nostra Marianne è poco più che una bambina (immagino), il suo petto mostra un seno non ancora formato; non ha impeto, lei, non è spavalda, è tutta chiusa in se stessa, nel suo dolore. È preclusa alla vista, si nasconde, nasconde sé e si nasconde al mondo. Mostra di sé la sua impotenza, mostra di sé la sua volontà di non esserci. Mostra il suo totale essere indifesa, la sua totale vulnerabilità, nella speranza che, il non essere vista, la salvi.
Non c’è codardia, non c’è paura, c’è uno stato di resa e voglia di sparire.

Ma forte parlano quegli occhi nascosti, molto dicono di lei e di ciò che prova.
Niente urli, niente smorfie, solo un grande dolore composto, negato al mondo, tutto interiore.
Non ha volto questa Marianne per gli osservatori, è puro dolore.
Così Bergamo nei giorni del contagio.

Bergamo, 31 maggio 2020

 

Nell’immagine:
Nicola Marenzi, Senza titolo (uno di 400 disegni), biro e pennarelli su carta, 18,5 x 15 cm, 2020

 

Nicola Marenzi (Bergamo, 1982)
Artista, pittore. Ha frequentato la scuola d’Arte Andrea Fantoni, e si è iscritto alla NABA Nuova Accademia di Belle Arti di Milano. Ha avuto la fortuna di essere allievo di Claudio Olivieri, da cui ha appreso l’importanza e la consapevolezza del sogno nell’esprimersi in pittura.
Oggi ha un solo sogno: il paesaggio. Quando pensa al paesaggio, pensa a Cézanne e ai paesaggi anemici di Mario Schifano. Crede che dipingere un paesaggio sia come fumare la pipa.
Spera che il tempo sia clemente nel farlo arrivare a una maturità di pensiero che lo renda finalmente felice.

 

Luciano Passoni
Di formazione artistica, ex insegnante, ex libraio.
Oggi attivo in luogo_e.