Il Mago Gino • Michele Savino

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Un pittore è come un prestigiatore che con i suoi giochi deve riuscire a sorprendere se stesso.
Gino De Dominicis

 

Mercoledì 13 aprile 1977 alle ore 19 in una sala di Palazzo Taverna a Roma Gino De Dominicis si presentò al pubblico seduto dietro a un tavolo in compagnia di un ignoto assistente, ordinò di sigillare ermeticamente con nastro isolante le porte e la finestra, quindi annunciò ai presenti che la persona seduta al suo fianco sarebbe scomparsa al suo segnale di spegnere e riaccendere la luce. In una frazione di secondo la luce fu spenta e repentinamente riaccesa: l’artista era ancora seduto al tavolo, ma il suo assistente era misteriosamente scomparso e non fu più ritrovato.
In questa performance Gino De Dominicis, come del resto ha fatto anche in tutta la sua vita, sta dimostrando di conoscere a fondo l’originario significato del verbo eludere, recuperandone la derivazione latina e mettendone in pratica il messaggio. Questo verbo, che si è strutturato intorno al termine gioco, evidenzia come De Dominicis abbia potuto contemporaneamente prendersi gioco delle regole del sistema dell’arte, sfuggire il pubblico e la visibilità mediatica ed infine illudere con le sue opere ogni possibile spettatore e in primis se stesso. L’elusione e l’illusione sono accomunate dal gioco, dal trucco, dal gioco di prestigio che tenta di sfidare le leggi della fisica sottraendosi ad esse.
L’origine dei giochi di prestigio si intreccia con la formazione delle prime civiltà arcaiche, come se la civilizzazione dell’uomo fosse legata all’interesse di quest’ultimo nei confronti del mistero, del trascendente e dell’inconoscibile. Arte e prestidigitazione nascono dunque nel grembo del mistero. Tra le più antiche testimonianze di illusionismo troviamo il Papiro Westcar, dove sono descritti giochi di prestigio eseguiti alla corte del faraone 4600 anni fa.
Gino De Dominicis è interessato all’origine ancestrale dei trucchi magici, trovando nella finzione illusionistica un mezzo per accedere ad una dimensione nascosta della realtà e della vita. A partire dagli anni ’60 l’artista realizza una serie di opere che sembrano negare i principi della fisica, ma che in verità custodiscono un segreto tecnico come ogni efficace gioco di prestigio: aste cilindriche dorate magicamente in equilibrio sull’esile punta, statue invisibili il cui cappello è sospeso nell’aria, cubi, cilindri e piramidi invisibili riconoscibili solo dal perimetro della base tracciato sul pavimento. In una fotografia del 1970 De Dominicis è ritratto mentre abbraccia un Cilindro invisibile, smentendo così la diffusa e comune convinzione che possa esistere soltanto ciò che è visibile o che ha visibilità.
L’interesse per l’illusione ha contraddistinto De Dominicis fin dal principio del suo lavoro artistico, infatti all’età di appena ventuno anni aveva già realizzato una serie di opere, tutte datate 1968, che cercano di concretizzare ciò che è sperimentalmente impossibile; l’arte diventa il contesto dove le leggi fisiche non vengono determinate dalla realtà naturale, ma sono stabilite dall’idea che l’artista formula riguardo a tale realtà. I titoli di queste opere sono già sufficientemente evocativi: Stanza per invisibilità, Calamita per l’acqua, Secchio con acqua sospeso da terra con il gancio di una catena che fa presa sull’acqua e Macchina che fa sparire gli oggetti. In un video del 1970 intitolato Prestidigitazione De Dominicis fa sparire e riapparire la luna tra le dita, proprio come un prestigiatore con una moneta.
Una palla di gomma appoggiata sul pavimento è semplicemente una mera palla di gomma, ma se si tratta di un’opera il cui titolo è Palla di gomma (caduta da 2 metri) nell’attimo immediatamente precedente il rimbalzo, allora la palla si carica di un’energia in potenza che, sospendendo spazio e tempo, conduce gli osservatori a prefigurarsi il futuro rimbalzo: le parole dell’artista agiscono magicamente, sono come le formule magiche di un prestigiatore, le quali, come un abracadabra, possono mutare l’aspetto del reale e la percezione che abbiamo di esso. Anche in Cubo invisibile è il titolo che trasforma un quadrato disegnato sul pavimento nell’ipotetica base dell’invisibile solido: le parole estendono la realtà oltre i limiti empirici.
In occasione della 47a Biennale di Venezia De Dominicis espone un piccolo parallelepipedo prodigiosamente sospeso nel vuoto all’interno di una teca di vetro posta su una base nera e conferisce a quest’opera un titolo fortemente emblematico: Auronia D.D. uscita dal parallelepipedo di vetro volteggia invisibile nella bacheca. Questa teca è un vero e proprio attrezzo da illusionista, il cui trucco è il medesimo delle classiche scatole a specchio utilizzate dai prestigiatori; tuttavia l’artista estende il mistero oltre i confini del trucco e l’enigma del titolo si sottrae a ogni spiegazione razionale, introducendo l’opera in una dimensione magica.
L’interesse di De Dominicis nei confronti di situazioni fisiche particolari o impossibili, come l’equilibrio, l’invisibilità, l’ubiquità, la levitazione e la sospensione del tempo, è in verità orientato al raggiungimento della condizione fisica maggiormente utopica, poiché irrealizzabile per definizione: l’immortalità del corpo. L’urgenza di sconfiggere la morte fisica ha effettivamente ossessionato De Dominicis, facendo maturare la sua curiosità nei confronti del re sumero Gilgamesh, il semidio che regnò su Uruk e che partì alla ricerca dell’immortalità in seguito al decesso del suo amico Enkidu. De Dominicis ha spesso affrontato il tema della morte con una meticolosità ironica, realizzando, ad esempio, un biglietto di auguri natalizi con scritto Gino De Dominicis augura a tutti l’immortalità del corpo, oppure definendo un ombrello chiuso Tipico strumento di difesa dell’uomo dalla morte.
L’immortalità corporea è evidentemente un’utopia, tuttavia il segreto dell’immortalità risiede nell’attività artistica, infatti le opere d’arte sono per De Dominicis dei modelli di immortalità, che, sospendendo il tempo, offrono all’uomo un attimo di eternità.

 

Bibliografia
Achille Bonito Oliva (a cura di), Gino De Dominicis l’immortale, Electa, Milano, 2010
Italo Tomassoni, Gino de Dominicis. Catalogo ragionato, Skira, Milano, 2011

 

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Michele Savino

 

Michele Savino
Diplomato all’Accademia Carrara di Bergamo e all’Accademia di Brera di Milano.
Ha partecipato a diverse mostre, tra cui la collettiva dei finalisti del Premio Combat Prize 2017 a Livorno; sue mostre personali si sono tenute a Bergamo presso lo Studio Vanna Casati, la Galleria Viamoronisedici/spazioarte e la Libreria ARS.