_e solo SILVIA NEGRINI

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[22 settembre – 22 ottobre 2022 * giovedì, venerdì, sabato: 14 – 19]
Inaugurazione giovedì 22 settembre, dalle 14 alle 21

 

Con _e solo Silvia Negrini luogo_e presenta la seconda edizione del suo format di mostre personali, in cui le opere dell’artista dialogano con opere letterarie e opere antiche, alla maniera di luogo_e.
Quella di Silvia Negrini è per luogo_e la prima mostra interamente pittorica, una selezione delle tele dell’artista, scelte con l’intento di raccontare la sua ricerca per nuclei tematici.
Della sua pittura stupiscono il rigore, la sintesi descrittiva, l’assoluta immobilità di ogni elemento dipinto – una messa in scena del silenzio, si direbbe.
Ambienti senza soggetti, si potrebbe riassumere. Ambienti naturali, ambienti quotidiani, casalinghi, ambienti sportivi, o ambienti ostili dal sapore apocalittico.
Scenari. Scenari in cui non compaiono mai persone, animali né oggetti che possano farsi soggetti. Soltanto le ombre, di tanto in tanto, abitano questi spazi, ma sono pur sempre ombre auto-portate, proprie degli spazi stessi.
Il linguaggio è una pittura meticolosa, fatta di tinte piatte, smalti stesi uniformi entro contorni netti, invalicabili. Un’osservazione geometrica della realtà, prospettica, tanto analitica da superare ogni intento descrittivo, da riportare alla memoria dello spettatore immagini lontane, sfondi di storie passate – di storie animate.
Ma, senza animazione, laddove non compare anima viva, in quest’attesa del nulla che ha da accadere, l’occhio catturato rincorre linee, direzioni, punti di fuga e cambi repentini di tinta.

 

[Accompagnano la mostra Georges Perec, Giovanni Battista Piranesi, Alain Robbe-Grillet]

 

 

Mole, 2021
acrilico su stoffa, 15×20 cm

Playground, 2022
smalto su tavola, 50×96 cm

 

_e in diversi campi
Da diversi campi Silvia Negrini attinge per dipingere. Campi di cui indaga soprattutto le geometrie, le simmetrie. Campi di ricerca che luogo_e ha provato a catalogare in piccole sezioni. La prima mette in vetrina due campi sportivi, soggetti ricorrenti per l’artista che ne cattura linee e colori, perimetri e campiture dal sapore segnaletico.
In Playground (2022) i tracciati di campi da gioco diversi si sovrappongono. Forme, tinte e confini dai significati convenzionali si sovrascrivono a vicenda mappando un contenitore di tanti contenuti, sintetizzati in un groviglio rigoroso. In Mole (2021) il rigore di un campo da tennis è invece incrinato dalla presenza di una macchia, insieme elemento di disturbo della composizione e inedito ingrediente della stessa.

 

 

Wood, 2017
smalto su tela, 110×160 cm

A wall, 2010
smalto su tavola, 60×80 cm

Giovanni Battista Piranesi
Pianta della gran Muraglia che circondava la grande Area dell’Ustrino, 1756
acquaforte, dal Tomo III delle Antichità Romane, 37×23 cmcourtesy Galleria Il Bulino Antiche Stampe

Georges Perec
Specie di spazi, 1974
Torino, Bollati Boringhieri editore, 2021

 

_e oltre i muri
Dato un muro, che cosa succede dietro? Se lo domanda Jean Tardieu (1903-1995) nella citazione scelta da Georges Perec (1936-1982) per aprire la sua riflessione sui muri nel libro Specie di spazi (1974). L’autore, con la sua predisposizione all’indagine linguistica, vagheggia il rapporto tra i muri e i quadri che li abitano.
Nei dipinti di Silvia Negrini il muro è più volte soggetto. In Wood (2017) i muri sono muri perimetrali: racchiudono, proteggono, ordinano. Un recinto per un bosco artificiale, geometricamente disposto, fatto di alberi dalle potature rigorose e racchiusi in celle singole. A comporle sono muri paralleli e perpendicolari, prospetticamente inquadrati.
A wall (2010) mostra invece un muro nella sua più sintetica forma di rappresentazione, ma con l’incursione dell’elemento errore, di un disturbo nella sintesi. Il reticolo pittorico che disegna la trama dei mattoni prosegue oltre la campitura che delimita il muro stesso, invade la campitura celeste. Un errore da software di grafica che, riportato in pittura, abbatte i classici muri e apre nuove vie alla rappresentazione.
Chiude la sezione un’acquaforte dal Tomo III delle Antichità Romane (1756) di Giovanni Battista Piranesi (1720-1778) in cui l’anatomia di un muro di fondazione romana è spiegata ai posteri con tecnicismi e curiosità.

 

 

A lodge or a dock, 2010
smalto su tavola, 20×30 cm

Leonardo, 2018
smalto su tavola, 80×60 cm

Alain Robbe-Grillet
La gelosia, 1957
Milano, SE, 2020

 

_e precisamente dove cade l’ombra, dove cade la luce
Nei dipinti di Silvia Negrini non compaiono esseri umani, eppure vi sono elementi antropici, tracce di presenze e sguardi al momento fuori campo.
Il titolo di A lodge or a dock (2010) suggerisce di scorgere un capanno o un molo nella piccola composizione geometrica della tavola. È lo spettatore ad abitare il dipinto, assumendo punti di vista e prospettive differenti a seconda che si colga l’una o l’altra proposta di lettura.
Leonardo (2018) riproduce minuziosamente le lamelle di luce che filtrano attraverso una tapparella: si proiettano in un interno e ci proiettano in un interno. Prende il nome di gelosia la tipologia di serramento che permette di guardare dall’interno senza essere visti dall’esterno, e sull’ambiguità tra questa gelosia e quella dei sentimenti gioca il romanzo La Gelosia (1957) di Alain Robbe-Grillet (1922-2008).Luogo_e lo accosta alla pittura di Silvia Negrini per similitudine di sguardo e di ostinazione descrittiva rispetto a scenari in cui nulla pare voler succedere.

 

 

Rain, 2017
smalto su tavola, 80×120 cm

A burnt down wood, 2021
smalto su tela, 100×120 cm

Land, 2020
smalto su tavola, 30×40 cm

 

_e in cieli apocalittici
Numerosi sono i paesaggi che Silvia Negrini staglia su cieli di smalto rosso.
Scenari dal sapore apocalittico in cui, come di consueto, non si scorgono presenze umane o azioni in presa diretta. Eppure questi fondali scarlatti suggeriscono che qualcosa sia già accaduto, o in procinto di accadere.
In Rain (2017) su un campo di germogli sintetizzati e ordinati al millimetro si abbatte una pioggia copiosa. È una pioggia sbieca, fatta di gocce messe in fila e in colonna, una pioggia che si fa pattern, filtro, diaframma. Una pioggia né ristoratrice, né pacificante.
Come chiarisce il titolo, i cilindri di A burnt down wood (2021) sono invece i resti di un bosco bruciato. Il cielo rosso evoca qui un mondo già andato in fiamme, fatto di resti e atmosfere incandescenti.
Alle stesse atmosfere luogo_e associa la tenda dipinta in Land (2020). La tenda, estrema sintesi geometrica e concettuale del riparo, compare in molte delle opere dell’artista. Qui, con la sua ombra lunga, è piantata in un paesaggio desolato in cui nient’altro trova spazio di sopravvivenza.

 

 

Iceberg II, 2018
smalto su tavola, 60×50 cm

 

_e sott’acqua
In senso tanto letterale quanto figurato, il soggetto di Iceberg II (2018) è l’emblema della coesistenza dell’emerso e del sommerso. Due facce della stessa medaglia, due condizioni sorelle nell’animo umano.
Quest’opera rappresenta una vasta parte della ricerca di Silvia Negrini dedicata all’acqua che riempie, copre, sommerge, allaga e dilaga. È la messa in mostra del nascosto che permane in trasparenza, dell’inondato che sorregge l’ancora asciutto, dell’allagato che sott’acqua rimane com’era. Stanze che si fanno vasche, geometrie e simmetrie che continuano a correre, anche laddove sono costrette a nuotare.

 

 

 

Holes, 2019
smalto su tavola, 40×59 cm

Giovanni Battista Piranesi
Iscrizioni delle Camere Sepolcrali de’ Liberti e Servi della Famiglia di Augusto, 1756
acquaforte, dal Tomo III delle Antichità Romane, 38×48 cm ca.courtesy Galleria Il Bulino Antiche Stampe

Graves in the backyard, 2022
smalto su tavola, 50×95 cm

 

_e sotto terra
Potrà apparire prosaico, ma luogo_e sceglie di chiudere la mostra scavando, fino a scendere sotto terra. Per motivi di spazio sono escluse dal percorso tutte le crepe di Silvia Negrini, le tante spaccature e incrinature nella terra dei suoi dipinti, che si apre in due e spalanca l’abisso. Si espone l’estremo dell’abisso: buchi e buche, formali e letterali.
Nella tavola Holes (2019) un reticolo di canali, fori e tappi evoca tanto sistemi di irrigazione stilizzati quanto giochi d’infanzia in cui colmare buchi con monete colorate, tentare la sorte, giocarsi il tutto e per tutto.
In un altro gioco, fatto di rimandi e associazioni, a quest’opera luogo_e avvicina altre buche, di una geometria e una profondità diverse.
L’opera Graves in the backyard (2022), letteralmente Tombe nel cortile, in un verde piatto e uniforme scava fosse inequivocabili, parallelepipedi in assenza, sintesi di terra asportata e vuoti da riempire.
A queste buche in sequenza, anonime, nel contempo di nessuno e di tutti, è accostata ancora un’acquaforte dalle Antichità Romane di Piranesi in cui le Iscrizioni delle Camere Sepolcrali de’ Liberti e Servi della Famiglia di Augusto (1756) registrano l’azione del tempo: in origine nominali, le iscrizioni rievocano identità ormai frammentarie, consunte, cancellate.