[17 novembre 2023 – 13 gennaio 2024 * giovedì, venerdì, sabato 14 – 19]
Inaugurazione venerdì 17 novembre, dalle 14 alle 21
Andrea Abate e Silvia Bramati, Lyman Frank Baum, Louis-Léopold Boilly,
Marco Cadioli, Nicolas II de Larmessin, Auguste de Villiers de L’Isle-Adam,
Federica Mutti, Eleonora Roaro, Luca Sironi, Simone Tormento, e Autori Anonimi
Artificio è la parola chiave della XIII edizione del festival ArtDate, attraverso cui l’associazione The Blank ha suggerito al network di cui anche luogo_e è parte una riflessione sull’intelligenza artificiale.
Luogo_e accoglie il tema e prova a elaborare un saggio nello spazio, scritto attraverso opere e immagini appena nate o venute da lontano. Come suggerisce il titolo, la mostra indaga alcune ambizioni incaute della contemporaneità e le relative implicazioni. Pur proponendosi di procedere con cautela, luogo_e finisce per ammettere che certe ricerche non si possono affrontare che incautamente.
Volendo vivisezionare il tema, la mostra si apre con una panoramica sulla struttura primaria dell’intelligenza artificiale, ovvero il database. Visualizzato nel suo aspetto pre-digitale, in forma di archivio, ci suggerisce un’idea sommaria della mole di informazioni oggi impalpabili che, racchiuse nelle scatole dei server, si spostano a velocità inimmaginabili nella rete. È l’archivio delle informazioni che, sedimentate e tessute, danno all’intelligenza artificiale la risposta pronta, e a noi l’impressione che sia onnisciente, un uomo-archivio, un automa più performante dell’essere umano.
Sono certi errori, bug e incoerenze a rivelare la vera anatomia di questa intelligenza disincarnata: un cervello immateriale, il distillato di tante idee, di menti diverse e tutte umane, sommate, fuse e confuse, mescolate alla rinfusa in formule nuove che si spacciano per oltre-umane.
Tuttavia, se il sapere può essere acquisito e spacciato per proprio anche da una macchina, più difficile è replicare l’innatismo di certe altre peculiarità dell’animale-umano: emozioni e sentimenti sono simulati secondo schemi via via più credibili, eppure la sensibilità artificiale non si prospetta all’orizzonte. Ecco che il tanto acclamato nuovo essere si riduce a solo-testa, addirittura a solo-cervello, il che appare piccola cosa in confronto a un corpo tutto, pieno di sensi e non solo di senso.
Ne consegue che i confini della capacità tutta umana di desiderare appaiano per ora inespugnati dalla macchina, anche se è già divenuto artificiale l’oggetto di tanti desideri. Si tende a dare per scontato che la soddisfazione del desiderio attraverso il macchinico sia meccanica, automatica. Così rimangono inalterati i vecchi ruoli e giochi di potere, riaffermati uguali uguali, pur in scenari nuovi. Del resto, se questa memoria artificiale è la somma delle nostre memorie corte, non si può pretendere che ricordi qualcosa di inaspettato.
Per pura curiosità, si può provare a chiederle che ci aiuti a ricordare, a fabbricare i ricordi che abbiamo perduto, che non abbiamo registrato per tempo. Rimane da capire se questi ricordi si possano poi dire nostri, se la memoria artificiale rifletta esattamente ciò che avevamo provato un tempo, ciò che descriviamo ora.
È tutta questione di linguaggio, in fondo. E nel tentativo di comunicare finalmente con la macchina attraverso la parola, cellula primaria del linguaggio umano, il rischio è di generare incomprensioni nuove, o di ricadere in incomprensioni vecchie. Si spera di scongiurare una nuova Babele se, come ci vuol fare credere, questa intelligenza nuova ha razionalmente a cuore l’avere un cuore.

Andrea Abate e Silvia Bramati
Un Posto nel Presente, 2018
installazione, stampante per scontrini, courtesy gli artisti, photo credit: gli artisti
Una macchina per stampare gli scontrini diventa la distributrice dei biglietti per l’ingresso della mostra.
Su ogni biglietto è stampata la descrizione di un’ipotetica opera che amici e compagni dell’Accademia dei due artisti hanno offerto loro. Ognuno, entrando, riceverà la descrizione di un’opera mai realizzata, non esposta, invisibile e sarà invitato a immaginarsela. L’ingresso in mostra è un invito all’immaginazione, l’incontro artificiale di due immaginazioni che è poi proprio il fine dell’arte figurativa.

Luca Sironi
The hidden legacy, 2019
serie di 3 fotografie, stampe digitali, courtesy l’artista
Tre fotografie di archivi analogici che nelle loro dimensioni, nel loro essere materializzazione di raccolte di fascicoli, di dati, di informazioni risultano essere ormai “preistoria” di fronte alle sconfinate banche dati digitali in cui microcircuiti stipano miliardi di dati. Gli archivi, fonti di un’intelligenza ancora umana, romantici pur nel loro ordine e nella loro freddezza, sono ormai sostituiti da luoghi di raccolta dati a disposizione di una fantomatica “intelligenza artificiale”.

Nicolas II de Larmessin
Habit de Medecin, fine XVII sec.
acquaforte, courtesy Il Bulino Antiche Stampe, Milano
Tra il Seicento e il Settecento due omonimi fratelli incisori hanno prodotto una serie di stampe con ipotetici abiti che descrivono l’attività di chi li indossa. Luogo_e espone l’abito del medico, raffigurato in una persona vestita di libri, metafora della sua sapienza, prova della sua intelligenza, in grado di assegnare i giusti rimedi per le più svariate malattie. Questo uomo-archivio è per luogo_e la prefigurazione del dottor-internet al quale ci rivolgiamo, sicuri della sua onniscienza, ogniqualvolta cerchiamo diagnosi e cure per qualche disturbo o malanno.

Anonimo londinese
Senza Titolo, 1960 ca.
stampa fotografica, courtesy Cartacea, Bergamo
Una fotografia anonima degli anni Sessanta ritrae un “dialogo” tra un uomo e una scimmia.
È la raffigurazione dell’arrogante primato dell’umano sul primate, sull’animale. Il dialogo tra due intelligenze, l’una che si reputa “superiore” all’altra. L’immagine ci ammonisce: ci stiamo incamminando verso tempi in cui un’intelligenza altra, extra-umana, forse ci aiuterà, sicuramente ci controllerà.
Accostata alla stampa del medico, la fotografia ci ricorda quanto fosse in uso in quegli anni la sperimentazione sugli animali di medicine e prodotti a uso umano. Ci ammonisce del pericolo di poter essere noi, in un prossimo futuro, le nuove cavie.

Federica Mutti
Capetto, 2016
scultura, plastica e zucchero, courtesy l’artista
Una microtesta di plastica su una zolletta di zucchero. Una piccola, ironica, allusione ai numerosi busti marmorei raffiguranti persone illustri nel campo delle arti, delle scienze, della politica. Volti e teste famose e importanti per le loro idee. L’opera celebra una testa minuscola e anonima, di plastica per giunta, del tutto inorganica, su un basamento di zucchero anziché di marmo. Lo zucchero, sostanza fondamentale per il corretto funzionamento cerebrale, sostiene qui un cervello del tutto refrattario al suo entrare in circolo.


Lyman Frank Baum
Il Mago di Oz, 1900
Einaudi, 2014
Accanto a visioni tutte protese verso un futuro carico di fantascienza, luogo_e sceglie di far accompagnare la mostra Incautamente dal libro Il Mago di Oz, dalla sua poesia, dalla sua immaginazione.
Ciò che colpisce è il desiderio di possedere un cervello manifestato dallo Spaventapasseri, un simil-umano che nello svolgimento del racconto dimostra peraltro di possedere già una sua solida e personalissima intelligenza, a fronte di una testa imbottita di paglia.
Qualche pagina più avanti luogo_e evidenzia invece un breve dialogo tra lo Spaventapasseri e l’Uomo di Latta: di fronte al desiderio del primo di possedere un cervello, il secondo manifesta la volontà di avere un cuore. L’Uomo di Latta, la figura della fiaba più simile al nostro immaginario del robot, mette qui in risalto una delle più grandi mancanze delle nuove intelligenze, allo stato attuale: l’aspetto emotivo e desiderante.

Louis-Léopold Boilly
Réunion de 35 tetes diverses, 1825 ca.
litografia, courtesy Il Bulino Antiche Stampe, Milano
Trentacinque teste raffigurano la diversità umana, ognuna con la sua forma, specchio della propria personalità. Affastellate, sono testimonianza di una pluralità di esistenze, partecipi e autrici del proprio tempo, ognuna portatrice di conoscenze, intelligenze, emozioni, sogni e desideri. Nella mostra, la litografia diviene monito di ipotetici cervelli ultra-umani capaci di condensare un’infinità di saperi, pensieri, opinioni.

Auguste de Villiers de L’Isle-Adam
Eva futura, 1886
Marsilio, 2021
Pigmalione pregava Giove di dare vita a una sua statua. In Eva futura Edison costruisce un’andreide per dare forma al desiderio di Edward. Un romanzo tutto intriso dell’immaginazione novecentesca riguardo alle possibilità della scienza e del progresso. È il racconto del sogno, della volontà umana di replicare la propria natura con eguali sembianze, ma aumentate capacità. Questa è l’aspirazione di cui è intriso l’intero romanzo, la stessa ambizione extra-umana, super-umana, che alberga oggi in molte teste.




Eleonora Roaro
Irma Vep, 2023
Video monocanale | 5’54’’ | 3840×2160 UHD 16:9 | Muto | Edizione 3 + PA | 2023 Camera e DOP: Marco Brianza | Costume: Francesca Mulè, courtesy l’artista
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@irmavep_nowhere, 2023
Scultura IoT (stampa 3D in PLA, microcontrollore Arduino, strip LED rosa) | 23x8x25 cm | edizione 3 + PA | 2023 Scansione NeRF e ottimizzazione modello 3D: Alessandro Passoni | Stampa 3D + IoT: Marco Brianza, courtesy l’artista
Il lavoro di Eleonora Roaro affonda le sue radici nelle questioni riguardanti il desiderio, peculiarità tutta umana che (per ora) nessuna macchina è in grado di replicare. È qui in gioco un desiderio materiale, fisico, carnale. L’artista costruisce un personaggio fittizio, (ri)dà vita a Irma Vep, una femme fatale del cinema degli inizi del secolo scorso. Immagina la sua riproposizione a distanza di un secolo dialogando con un gruppo di dominatrici professioniste, e riflettendo sul presunto ribaltamento, per il solo tempo del gioco erotico, dei ruoli di potere nella relazione tra maschile e femminile.
Esposto insieme al video che presenta Irma Vep al pubblico, un QR Code invita lo spettatore a dialogare con lei tramite una chat Telegram. A rispondere sarà talvolta lei in persona, oppure si riceveranno risposte preimpostate, modulate sulle ricerche e i dialoghi da cui è scaturito il progetto.
Su un piedistallo si trova infine la riproduzione stampata in 3D di uno stivale di Irma Vep, che si illuminerà di rosa ogniqualvolta qualcuno interagirà con la donna via chat.


Roald Dahl
William e Mary, 1979
breve estratto, da una puntata della serie “Tales of the Unexpected”, tratta dai racconti di Roald Dahl
L’episodio selezionato racconta le vicende di William, un docente di filosofia affetto da una malattia incurabile, e Mary, la sua compagna di una vita, casalinga. Appresa la propria condizione, William si lascia convincere da un amico medico a prendere parte a un esperimento che prevede di mantenere in vita il suo cervello anche dopo la morte.
Al cervello resterà collegato uno dei suoi occhi, che gli permetterà di continuare a leggere e informarsi, alimentando così il suo pensiero all’infinito. Privato del resto del corpo, sarà però impossibilitato a comunicare ed agire. Troverà allora spazio la rivincita di Mary nei suoi confronti.

Marco Cadioli
Subway Portraits in the age of AI (in search for happiness), 2019
stampa digitale dalla serie omonima, coustesy l’artista
La fotografia raffigura una giovane ragazza in metropolitana. Attraverso un’applicazione di intelligenza artificiale usata per il riconoscimento facciale, Marco Cadioli prova a decifrare visivamente il grado di felicità della persona inquadrata. Ne derivano numeri sorprendenti e riflessioni contraddittorie.

Autore sconosciuto
Chimpanzee. Anger. Pleasure. Fear. (ANIM-006-ML), XIV-XX sec.
lastra per lanterna magica dall’archivio di Linda Fregni Nagler Things that Death Cannot Destroy riproduzione, stampa giclée su carta cotone, courtesy l’artista
Un paio di secoli fa un anonimo fotografo ha realizzato una serie di scatti a una scimmia.
La finalità era probabilmente quella di provare a decifrare e documentare le modificazioni espressive del volto e del corpo in relazione ai diversi stati d’animo.



Simone Tormento
Filtro di ricerca, 2023
quattro stampe digitali, courtesy l’artista
Diversi software di intelligenza artificiale permettono di realizzare immagini a seguito di richieste verbali.
Simone Tormento chiede a uno di questi di materializzare in forma di fotografia un ricordo della sua infanzia di cui non possiede nessuna documentazione: le ore passate a giocare con suo fratello nella loro cameretta. A questa richiesta il software risponde producendo una prima immagine secondo le indicazioni dell’artista.
Successivamente, fornendo altri dettagli, ne produrrà altre fino ad arrivare a una rappresentazione che per l’artista assomigli sufficientemente ai suoi ricordi. Sono immagini totalmente irreali che si sforzano di essere reali. Stupisce che il linguaggio verbale sia l’elemento principale di comunicazione con la macchina, la quale a sua volta produrrà immagini usando un linguaggio suo proprio.

Anonimo incisore
Torre di Babele, XVI secolo
acquaforte, courtesy Il Bulino Antiche Stampe, Milano
L’incisione raffigura la costruzione della Torre di Babele. Il racconto biblico parla della presunzione degli uomini di poter raggiungere il cielo con la costruzione di una torre altissima.
La Bibbia ci dice che il progetto fallirà, non tanto per l’incapacità degli uomini, non per l’inadeguatezza delle modalità costruttive, ma per la confusione delle lingue voluta da Dio, che produrrà incomprensione e scontri.