Cristallino

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[17 maggio – 20 luglio 2019 * giovedì, venerdì, sabato: 14 – 18.30]
Inaugurazione venerdì 17 maggio, dalle ore 18.30
Francesco Bartolozzi, Giovanni De Francesco, Byung-Chul Han,
Lorenzo Lunghi, Daniele Maffeis, Matteo Montagna, Man Ray

 

Trasparente è un corpo che si lascia trapassare dalla luce, dallo sguardo: non ferma l’occhio. Trasparente è semplice, di facile comprensione, immediato. Troppo immediato, pornografico. Secondo il filosofo Byung-Chul Han viviamo in una società in cui l’obbligo di trasparenza riduce l’uomo a un elemento funzionale di un sistema, dove viene a mancare qualsiasi forma di opacità, a scapito dell’anima, la quale ha palesemente bisogno di sfere nelle quali possa sostare in sé, senza lo sguardo dell’Altro.*
Della società della trasparenza, a luogo_e interessa il suo essere anche società dello schermo. Se l’etimologia individua nello schermo uno scudo, un riparo, nello schermo di oggi non vi è più traccia della sua origine difensiva. Lo schermo moderno è un vetro “trasparente”: promette di mostrare tutto, ma è d’intralcio alla visione. Lo si accende per vedere, ci si scorda come guardare.

In uno dei suoi racconti brevi, Voltaire racconta il viaggio filosofico intrapreso alla volta dello spazio celeste da Micromega, un gigante nato su Sirio, insieme a un nano filosofo venuto da Saturno. Giunti sulla Terra il gigante e il nano discutono aspramente, guardano e tastano dappertutto ma, date le differenze di scala, non riescono a decretare se la Terra sia o meno abitata.
La svolta è accidentale: il filo della collana di diamanti che Micromega porta al collo si spezza e le pietre si sparpagliano al suolo, si rivelano ottimi microscopi. I due viaggiatori trovano finalmente gli abitanti della Terra. Dentro un diamante vedono prima una balena e poi gli uomini, che scoprono capaci di parlarsi, di comunicarsi idee e dunque di pensare, di sentire.**

Ecco perché al trasparente luogo_e preferisce il cristallino, quasi un sinonimo, ma libero dalle accuse che il trasparente si è sentito imputare. Il cristallino è una lente naturale, è una porzione dell’occhio, il dispositivo grazie cui l’uomo mette spontaneamente a fuoco. Cristallino è tutto ciò che concerne il cristallo, in contrapposizione al vetro trasparente come metafora dello schermo che spiana, livella, leviga tutto il guardabile e insieme il guardante – per usare ancora termini propri della critica di Han.
Il cristallo è prezioso, attraente, cattura l’occhio e lo guida verso uno sguardo plurale, mai univoco, mai piano. Il cristallo è sfaccettato, è sfacciato. A un primo sguardo può sembrare ingannevole: moltiplica ciò che l’occhio vede unico. A un secondo sguardo lo si può garantire profetico: ricorda all’occhio che la realtà non è una soltanto, gli rivela l’infinità dei punti di vista.

*    Byung-Chul Han, La società della trasparenza, Nottetempo, 2014
**  Voltaire, Micromega, Leone Editore, 2012

 

Nell’immagine:
Daniele Maffeis, live lecture in loop, 2015

 

Voltaire, Micromega, Leone Editore, 2012

 

Byung-Chul Han, La società della trasparenza, Milano, Nottetempo, 2014
[ed. orig. Transparenzgesellschaft, Berlino, MSB Matthes & Seitz Berlin, 2012]

Testo fondamentale per la costruzione teorica della mostra, La società della trasparenza di Byung-Chul Han è esposto in tre copie all’ingresso di luogo_e. Tra le pagine del saggio, sei brani selezionati sono proposti allo spettatore come lettura critica per le opere in mostra.

 

Francesco Bartolozzi, Senza titolo (Studi di occhi), 1786
album di studi anatomici, acquaforte, bulino, maniera punteggiata, acquatinta, 24×40 cm
Collezione Claudio Sugliani
_e
Artista sconosciuto, Monstres, pres. seconda metà dell’Ottocento
acquaforte dipinta a mano, stampata da Lamoureux per Garnier frères Editeurs, Parigi, 10×8 cm
Collezione Claudio Sugliani

Luogo_e mette in una relazione autoriale due incisioni. Un foglio dell’album di studi anatomici dell’incisore Francesco Bartolozzi (1727-1815), quello dedicato agli occhi, diviene rappresentazione di uno sguardo molteplice e moltiplicato, in contrapposizione all’occhio singolo e cieco di un Polifemo estrapolato da un libro non meglio identificato, con tutta probabilità edito nella seconda metà dell’Ottocento.

 

Man Ray, Senza titolo
stampa in bianco e nero, ed. 2/5, 18×15 cm
Collezione privata

In questo scatto del fotografo Man Ray la faccia, emblema del valore contemporaneo di esposizione, è offerta velata all’occhio dell’osservatore, diviene volto.
La macchina fotografica nasconde anziché rivelare, svelare, esporre. Un filtro scompone l’immagine analogica in micro-unità che, mentre sembrano preludere ai pixel, invece di strutturare l’immagine la frazionano, la sottraggono al regno della trasparenza in favore di un’opacità enigmatica, carica di letture possibili.

 

Daniele Maffeis, Appunti per un’apocalisse architettonica, 2015
video animazione, 21’
Apocalisse Architettonica II, e altri racconti indebiti di Paul Scheerbart, 2015
pubblicazione a cura di Takashi Sagishi e Daniele Maffeis, Milano, Kunstverein Publishing
Loop lecture #1. In vece di Sagishi, 2015
live lecture in loop, 35’ ciascun loop, trascrizione e slide della lecture su iPad
courtesy l’artista

Daniele Maffeis propone un’ampia e articolata riflessione sull’era della trasparenza, analizzata dal punto di vista dell’architettura.
L’opera riflette sull’espansione dell’architettura “del vetro” diffusasi nel Novecento e indirettamente ne prende in esame e ne critica le forme attuali, con particolare riferimento all’espansione urbanistica di Milano.
Anche la società della trasparenza ha le sue fortezze, così luogo_e rivede nell’architettura del vetro propriamente detta l’architettura maggiormente in crescita nel contemporaneo: quella delle piazze digitali, dei luoghi d’incontro virtuali in cui sembra di poter vedere tutto, senza però riuscire a guardare a nulla.

 

Lorenzo Lunghi, Mana, 2018
oro, vetro borosilicato, dimensioni variabili
courtesy l’artista

Delle piccole capsule di vetro borosilicato contengono l’oro ottenuto dalla distruzione delle RAM, delle schede video e schede madre di diversi computer. La componente più preziosa di una delle tecnologie della trasparenza viene riproposta dall’artista in forma di una scultura, che egli immagina ricongiungersi idealmente con il corpo umano. Il potenziale collezionista, racconta infatti l’artista, comprandola dovrebbe accettare di inglobare l’opera nel suo stesso corpo. Essa diverrebbe così prepotentemente presente ma invisibile, restituendo all’opera d’arte il suo valore cultuale, in contrapposizione al valore di esposizione caratteristico della società della trasparenza.

 

Giovanni De Francesco, Autoritratto su schermo, 2003-2005
grafite su carta, 22×14,5 cm
courtesy l’artista

Parte di una serie di disegni che con sorprendente lungimiranza hanno previsto la postura predominante nell’uomo contemporaneo, Autoritratto su schermo restituisce dei nostri tempi un’immagine scura, buia, in cui lo schermo del cellulare è l’unica fonte luminosa. Luogo_e ne trae una riflessione su un’esistenza condotta alla luce degli schermi.
Autoritratto su schermo è scelto da luogo_e anche come chiave di lettura per l’opera che segue, Studi per una maschera, realizzata dallo stesso artista un decennio più tardi.

_e Studi per una maschera, 2015-2019
gesso ceramico, alabastro, scagliola, misure variabili
courtesy Galleria Luisa Delle Piane

“Il volto nudo privo di mistero, divenuto trasparente e ridotto alla sua esponibilità, è osceno. La faccia (face) carica di valore di esposizione fino a scoppiarne è pornografica”.*
L’opera di Giovanni De Francesco, alla luce delle riflessioni di luogo_e riguardo alla trasparenza, rimanda a uno schedario di volti che, come accade nelle piattaforme social del genere di Facebook, sono volti espressivi, iper-presenti, ma irrealistici, irreali, anonimi. Sono in fondo volti di nessuno, maschere. Maschere che coprono, nascondono e dissimulano, forse strumenti difensivi.
* Byung-Chul Han, La società della trasparenza, Milano, Nottetempo, 2014, p. 44

 

Matteo Montagna, I-SUPERVISTA, 2019
occhiali ritagliabili su carta, 21×29,5 cm
Progetto nato in occasione di Open call – Filling the absence, Pinksummer Gallery (2019)
courtesy l’artista

L’iper-riproduzione e circolazione di un’immagine mediatica spesso ha come diretta conseguenza la diminuzione del suo valore di pregnanza. Diviene wallpaper, carta da parati, ma anche immagine “salvaschermo”.
Una delle fotografie scattate dopo il crollo del ponte di Genova viene riproposta su un paio di occhiali di carta che ne promettono una visione ravvicinata, ma che indossati rendono ciechi.
Totalmente opachi, se indossati rivelano un particolare tipo di buio, e conducono così a una riflessione sulla trasparenza soltanto apparente di alcune lenti.