Camera magmatica

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[15 ottobre 2021 – 8 gennaio 2022 * giovedì, venerdì, sabato 14 – 19]
Inaugurazione venerdì 15 ottobre, dalle 14 alle 21
Federica Balconi, Anne Carson, Emma Ciceri, Francesco De Francesco,
Emily Dickinson, Arianna Greci, Carlo e Fabio Ingrassia,
Francesco Jodice e The Cool Couple, Nicolò Masiero Sgrinzatto, Enea Vico

 

In questa inattesa epoca dello spostamento difficile, luogo_e rilegge il Viaggio intorno alla mia camera (1794) di Xavier de Maistre alla scoperta del viaggio statico che, pur non traversando grandi distanze, ambisce alla massima profondità.
Nella sua camera il viaggiatore stante è ora in ritiro volontario, ora confinato a forza. Nascosto o recluso, si sottrae al mondo o ne è sottratto.
In un viaggio simile la partenza non è sempre programmata: senza muovere un passo, anche l’allettato o l’intrappolato si ritrovano sovente altrove. Ancor più spesso si assenta e migra chi si era preso del tempo per stare fermo.

La camera non si accontenta di essere il regno dello stare e del restare. Si fa mezzo di trasporto e itinerario, spazio di ricerca e di esplorazione. Luogo di ozio e di studio, diviene essa stessa studio, e dunque officina, laboratorio, fucina creativa.
Nella camera dell’artista – studiolo dormitorio – le idee riposano e giocano, sedimentano e fremono, invisibili perché mai mostrate fino al momento dello svelamento dell’opera. Esposizione.
Come nella camera magmatica del vulcano – serbatoio sotterraneo – dove il magma ristagna, si agita e ribolle, silente perché inascoltato fino al momento della risalita. Eruzione.

 

Luogo_e, Camera magmatica, veduta dell’installazione

 

Federica Balconi, TUTA, 2021
stampa inkjet su foglio di carta Fabriano e fili di cotone,10,5x14x1,5 cm
courtesy l’artista

In questo leporello d’artista la casa – nido, riparo, protezione – cambia il suo carattere, modifica la sua postura. Abbandona il ruolo che l’uomo le attribuisce, si toglie la maschera: perde la sua aura di sicurezza e solidità. Pagina dopo pagina, in una sequenza di cinque disegni, una piccola casa si veste goffamente. Ritratta come un essere vivente e fragile, sente la necessità di ripararsi dal mondo esterno indossando una tuta rossa – un manto caldo che la ricopre, la inghiottisce, forse la intrappola.

 

Luogo_e, Camera magmatica, veduta dell’installazione

 

Arianna Greci, Autocostruirsi (rifugio due), 2021
grafite su carta Arches Lavis Fidelis / En-Tout-Cas 220g, 25% cotone, 64x48cm
courtesy l’artista

L’istinto di autocostruzione è connaturato all’essere umano: costruirsi una casetta a propria misura è il più classico dei giochi, la prima impresa edile. Il risultato è in genere una cameretta vulcanica nella forma e magmatica nell’indole, autocostruita nel cuore della camera che è già data, prefabbricata. Una capanna a immagine e somiglianza di chi la abita, pur standoci stretto. Un rifugio mobile, nomade, che si smonta e si rimonta migrando tra le stanze, senza uscire mai dal perimetro della casa. Un riparo ecologico, fatto con ciò che si è trovato nell’ambiente circostante, riciclando arredi e corredi a cui attribuire nuove funzioni e significati. Un nascondiglio dove rinchiudersi, per essere se stessi o per giocare a esser qualcun altro.
In questa serie l’artista, da adulta, costruisce sei rifugi sfruttando con sapienza magistrale le tecniche costruttive tradizionali dell’infanzia. Queste abitazioni nell’abitazione sono però effimere, destinate per loro natura a essere presto disfatte: dovranno restituire alla casa-perimetro i materiali da costruzione. A testimonianza delle edificazioni passate restano sei disegni a matita, minuziosi e delicati quanto i soggetti ritratti.

 

Francesco De Francesco, Senza titolo, 1999
litografia (tiratura 4/150) dell’illustrazione a p. 60 di Xavier de Maistre, Viaggio intorno alla mia camera, Bergamo, Moretti&Vitali, 1999
collezione privata

L’edizione del Viaggio intorno alla mia camera (1794) di Xavier de Maistre (1763-1852), pubblicata da Moretti&Vitali nel 1999, è illustrata da Francesco De Francesco. L’ispirazione per le vicende narrate è autobiografica: l’autore del libro, arruolatosi nel 1781 come volontario nel reggimento sardo di fanteria denominato “La Marina”, nel 1790 è messo agli “arresti di fortezza” a Torino in seguito a un duello per motivi di onore. Confinato per quarantadue giorni nella sua abitazione, trae dalla reclusione idee per il Viaggio intorno alla mia camera: descrive ciò che incontra lungo il cammino e le sue riflessioni di viaggiatore stante.
Nel capitolo XIV lo scrittore si sofferma sul piacere di meditare restando al calduccio nel proprio letto, sonnecchiando nel tempo sospeso tra la veglia e il sonno. L’illustrazione di Francesco De Francesco, che chiude il capitolo, tratteggia l’atmosfera raccontata da Xavier de Maistre, ben nota a ogni creativo vagabondo statico, chiuso nella propria cameretta magmatica. Nell’immagine la stanza da letto perde la sua coerenza spaziale, diventa una camera onirica, vista nel contempo da punti di vista di versi – di fronte e dall’alto. Sul letto, tutt’intorno a chi viaggia con gli occhi chiusi, compaiono ricordi, affetti, amori, ispirazioni artistiche e letterarie, mezzi di trasporto e itinerari.

 

Enea Vico, La fucina di Vulcano, XVI sec.
bulino, foglio 32,5×49, cm; lastra 31×41,8 cm
courtesy Galleria Il Bulino Antiche Stampe

Nella mitologia greca Efesto è il dio della metallurgia, crea nella sua fucina le armi degli eroi greci e preziosi gioielli. Nella tradizione romana invece, Vulcano incarna la forza del fuoco e il sotterraneo potere distruttore della natura. È dall’età classica che anche i Romani gli attribuiscono nella letteratura le caratteristiche dell’Efesto greco, fondendo le due nature di Vulcano – quella creativa e quella distruttiva.
Nel Cinquecento Enea Vico (1523-1567), incisore e numismatico italiano, con la tecnica calcografica del bulino rappresenta la fucina di Vulcano come luogo di fervente attività creativa, in cui il dio è attorniato dai suoi assistenti, i Ciclopi. In modo insolito e curioso Vulcano, forgiatore di armi mitologiche imbattibili come quelle di Achille, nell’immagine è intento a creare le frecce portatrici d’amore per i numerosi Cupido che animano la scena.

 

Luogo_e, Camera magmatica, veduta dell’installazione

 

Nicolò Masiero Sgrinzatto, Brusa, 2020
MDF, cornice in ferro, 70,5×47,5×2,5 cm
courtesy l’artista e Galleria Ramo

L’artista chiuso dentro il suo studio è assorto nella ricerca, si sottrae al mondo. Non perde però interesse verso ciò che accade fuori: non smette di lanciare sonde nell’universo che lo circonda, strumenti di rilevazione, di misurazione, di osservazione. Secondo i propri tempi, vuole stare nel suo tempo.
Gli strumenti tecnici di Nicolò Masiero Sgrinzatto sono il Sole e dei pannelli di MDF posizionati con una lente d’ingrandimento fuori dal suo studio. Le ore passano, il Sole si sposta, la Terra si muove. La luce “brucia”, scava la superficie dei pannelli, scrive appunti imprecisi sul tempo: serba una traccia del tempo che l’artista trascorre dentro lo studio, intento a lavorare alle sue opere, e una traccia del tempo che fuori scorre inesorabile. Quando viene il buio, il lavoro dentro lo studio si interrompe. L’artista esce, raccoglie i pannelli che tornano in magazzino. Sono le pagine di un diario di bordo, impronte dei giorni di studio.

 

Emma Ciceri, Respiro Sole, 2019
video di documentazione della performance, colore, suono, 34’19’’
courtesy l’artista

Da sempre ciò che arriva da fuori cattura l’attenzione di chi sta dentro – dentro un luogo, dentro un sistema. L’artista, chiuso nel suo studio o nella sua camera, non ne ha mai abbastanza di letture, di ricerche, di notizie. Ciò che senza farci uscire ci raggiunge dentro è oggetto di indagine: lo si vorrebbe trattenere, capire, possedere.
Nella performance documentata nel video Respiro Sole, Emma Ciceri volta le spalle allo spettatore e a un’apertura – una finestra o uno spiraglio, non ci è dato a sapere – da cui entra un raggio di Sole. L’artista studia lo spostamento dell’impronta luminosa sulla parete opposta della stanza, su cui a distanza di intervalli regolari ricalca la forma di luce dipingendola con una vernice di colore azzurro tenue. Le macchie così trattenute diventano visibili solo quando il raggio si sposta, si accostano in una catena che è una collana di ore, di studi.

 

Xavier de Maistre, Viaggio intorno alla mia camera, Bergamo, Moretti&Vitali, 1999

 

Francesco Jodice e The Cool Couple, Happy Together!, 2020
video, colore, suono, 51’26’’
courtesy gli artisti

Happy Together! nasce durante il lockdown, quando Francesco Jodice e The Cool Couple (Niccolò Benetton e Simone Santilli), confinati nelle loro abitazioni, si danno appuntamento nella quasi Los Angeles di un videogioco. I loro avatar femminili non fanno ciò che ci si aspetta: non giocano secondo le regole, non guadagnano punti. Assistiamo alla spedizione di tre artisti che, senza uscire di casa, viaggiano ed esplorano.
Ciò che udiamo è la loro conversazione, registrata durante la peregrinazione. Mentre si spostano tra località e attrazioni, gli artisti raccontano e si raccontano allo spettatore. Riflettono sullo spazio fisico e su quello virtuale. Quale spazio decidiamo di abitare e quali traslazioni culturali implica l’epoca dell’isolamento forzato sulla concezione individuale dei luoghi e delle dimensioni dove decideremo di vivere? si chiedono. Partendo da esperienze personali ed immersive nei paesaggi e nelle metropoli del gaming, gli autori discutono sulla nuova e ampliata verosimiglianza e fruibilità dello “stare” nel paesaggio virtuale, del vivere nel gioco. Dialogano sulla “gamificazione del quotidiano” parlandone “dall’interno”, cioè raccontandoci della possibilità di cercare una moderna forma della felicità all’interno del paesaggio-panorama dei mondi virtuali e video-ludici.

 

Emily Dickinson, Poesia n. 1677
da Emily Dickinson, Tutte le poesie, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, collana I Meridiani, 1997

In ben due poesie Emily Dickinson (1830-1886) riprende l’immagine del vulcano.
Nella poesia numero 1748, la prima strofa recita: Il vulcano reticente serba / L’insonne suo progetto – / All’effimero uomo non svela / Le sue vermiglie intenzioni.
Nella poesia numero 1677, qui esposta, invece si legge: Sul mio vulcano cresce l’erba: / luogo contemplativo / parrebbe a tutti, adatto / al nido di un uccello. E nella seconda strofa: Come dentro lingueggi rosso il fuoco, / come precaria sia la zolla – / se lo svelassi, subito il terrore / invaderebbe la mia solitudine.
Come per luogo_e, anche per la poetessa statunitense il vulcano sembra costituire una metafora perfetta per il ribollire magmatico di ciò che sta dentro, a cui spesso corrisponde un fuori quieto, uno stato apparente di immobilità e silenzio. È la descrizione di ogni camera (e cameretta) magmatica, è il ritratto dell’artista.

 

Carlo e Fabio Ingrassia, Flussi di detriti, 2018
pastello su carta Schoeller, 4,6×6,2 cm
courtesy gli artisti

Una residenza artistica ha dato a Carlo e Fabio Ingrassia la possibilità di esplorare la riserva naturale protetta delle Macalube di Aragona, in Sicilia. L’area comprende un vasto territorio argilloso, caratterizzato da sabbie di origine vulcanica e da fenomeni eruttivi. Queste sabbie sono in continuo movimento e con l’eruzione dei vulcanelli dapprima il terreno si rigonfia e poi il fango, sorta di lava fredda, erutta e si innalza, si comporta alla stregua di sabbie mobili, risucchiando eventuali passanti. La riserva è ora chiusa al pubblico, proprio a seguito di un grave incidente accaduto nel 2014.
Per gli artisti, abituati a lavorare nel loro studio sulle pendici dell’Etna, le attività e i prodotti vulcanici sono da sempre oggetti di interesse. Nella serie Flussi di detriti, in minuziosi disegni a pastello ricostruiscono a quattro mani la realtà osservata nella riserva, conducendo una ricerca profonda tanto sull’osservazione e la riproduzione del reale, quando sulla possibilità di una reinterpretazione condivisa in coppia, sulla scomparsa dell’individualità in un duo artistico, sulle possibilità offerte dal mezzo del pastello e dalla manipolazione delle polveri.
In questa Camera magmatica l’opera è chiamata a fungere da monito: l’attività magmatica e silente può catturare, inghiottire, imprigionare.

 

Anne Carson, Autobiografia del Rosso, 1998
Edizione La nave di Teseo, Milano, 2020

Scrittrice canadese e insegnante di greco antico, Anne Carson riesce nell’impresa di comporre un romanzo in versi che, partendo da personaggi tratti dalla mitologia greca, li reinterpreta, li trasporta nella contemporaneità, tratteggiando con delicatezza, sentimento e passione la storia dell’amore giovanile tra il mostro rosso alato Gerione e l’affascinante Eracle. In questo racconto di inusuale raffinatezza, l’elemento del vulcano è sempre presente, come immagine evocata, descritta, cercata e indagata.
Di particolare interesse per questa mostra è un estratto del capitolo XXXVII, dove uno dei personaggi racconta a Gerione di come in un villaggio sulle montagne a nord di Huaráz, regione vulcanica non più attiva, fosse diffuso nell’antichità il culto del vulcano, venerato come una divinità. Nel cratere, dice, erano gettate persone vive per trovare dei savi, uomini eletti chiamati testimoni oculari. […] Persone che avevano visto / l’interno del vulcano. / E che erano tornate. Sì. / Ma per tornare come facevano? Volavano. Con le ali. / Ali? Già così dicono / quando gli Yazcamac tornavano erano rossi e con le ali, / ogni loro debolezza bruciata via – / e anche la mortalità.
In questa descrizione Gerione rivede se stesso, luogo_e rivede l’artista: esploratore stante che riemerge dalla camera magmatica per raccontare, per raccontarsi.